Jo camminava per la strada annegata in pensieri, in caldi paroloni, e tutto era bello per il suo suono. Camminava, e la meta? Beh, ormai lo sapeva a memoria: sull'orlo dell'asfalto, tutto dritto fino al ponte, poi a destra. Era a casa di Eva.
Punto di ritrovo. Sarebbe potuto essere un bar, un parco, c'era chi si ritrovava in un bar, un parco, c'era chi si ritrovava per la strada, lei invece insieme agli altri, a "casa di Eva".
Ricordi dolci dell'estate passate al tavolino bianco. Ricordi che le riempivano gli occhi di "fumo" Ricordi di magliette sbracciate e di sole...
Adesso camminava nel buio avvolta in un piumino nero e in una sciarpa. Un cappello le teneva calda, forse troppo, la testa. Faceva il fumo con la bocca, si divertiva a vederlo salire e poi, ogni tanto alzava gli occhi per vedere le stelle.
Le stelle alle cinque, pensava. Passava di fronte alle vetrine illuminate e le guardava, guardava anche il suo riflesso in quelle buie. Infatti spesso non si riconosceva. Lei per se stessa era il mondo. Lei poteva essere quell'essere riflesso nella vetrina? Ormai lo sapeva, la risposta era sì. Poteva essere un'immagine brutta e sgraziata. Si rassegnava ormai a quello che sapeva: era la faccia della sue parole.
Ma poteva quel volto avere il suo nome?
A volte capitava che il suo stesso "io" non fosse in completa armonia con il suo nome.
Poi una parte che lei diceva pazza la "rimproverava", e cercava di impedirle di pensare, di buttare le idee astratte. Ma anche questo non era che un falso.
- Chi sa di che parleremo oggi? - di fronte alla porta bussò sul vetro. C'era una luce gialla dentro. Si poteva vedere bene attraverso le tende fini.
Aprì subito la padroncina di casa. Dietro di lei fece capolino una testolina nera, che tornò a chinarsi sulla scrivania.
- Uno, due, tre - siamo in tre, pensò Jo.
Presto sarebbero arrivati anche gli altri. Era una specie di rito: "alle 5 dall'Eva". Adesso però erano solo in tre. Quelle che Jo preferiva.
- Che leggi? - chiese testolina. Si alzò in piedi e sollevò il libro. Jo guardò la copertina, le piacque. Dei libri guadava solo la copertina, tutte quelle piccole parole, una dietro l'altra la disarmavano.
- Stavo pensando - disse la testolina - è un bel libro quello che sto leggendo...
Jo girò il volume dalla parte della trama. La lesse sommariamente e guardò il prezzo. - mmm - disse.
Non lo avrebbe mai letto.
Eva mise un sottofondo lento. Beatles, forse.
Adesso si comincia, pensò Jo. Luigi Pirandello
Avete mai paura di voi stessi, chiese dopo un breve silenzio. Insomma, voglio dire se sei sull'orlo di un precipizio, è un secondo passare dalla vita alla morte... Io sì, ho paura di quello che la parte pazza di me può fare... Pazza? Perché pazza? Ho sbagliato, forse dovevo dire "normale". Lo conoscete Pirandello, no? ecco, lo dice anche lui. Pazza è tutta la gente. Vi ho parlato della gente, no?
No??
Beh, la gente è chi vive, perché c'è da vivere. Ma che senso ha tutto? Insomma tu sai che dietro di te c'è un altro "te". Tu sai che quello che vive nello specchio tutte le volte che lo guardi non sei tu. E' la tua immagine. Ti puoi truccare, puoi fingere, se lo guardi da questo aspetto, il fuori perde ogni valore...
Mi sto perdendo. Dicevo all'inizio - Paura di se stessi, paura di essere normali, paura delle proprie azioni... -
- Ehi, non fare tanto il "Lord Enrico" - intervenne Eva ridendo.
... "questa è un'altra storia", ma bene o male, tutto è lo stesso. In tutti i libri più belli che ho letto, c'è sempre un coflitto fra il protagonista e se stesso.
Ma ora vi chiede. È la paura di noi, che ci costringe a continuare a vivere con la maschera?
Noi lo sappiamo benissimo che ciò che ci guarda dallo specchio non siamo noi. E' qualcun altro. Il Pazzo, forse.
Voi lo avete letto l'Enrico IV? Sempre di Luigi? Ecco. Ve lo siete chiesto perché ha deciso di continuare a fingersi matto?
Beh, noi stessi continuiamo a fingerci la nostra faccia e il nostro nome, sapendo benissimo che non ci soddisfano. La pace interiore è difficile da essere trovata. E non esiste nessuna regola...
- Anarchia... -
... Testolina, che cosa c'entra l'anarchia?
Sto parlando di vita, dei drammi di ogni uomo, che non sono tanto idee negative o la morte. Tutti sappiamo che prima o poi ci si decide a lanciarsi nel vuoto. Si muore senza rimpianti solo se si è vissuto. Enrico IV si lamenta perché lui vive per 12 anni come se pazzo.
Io sto parlando dei rimpianti. Bisogna cercare di vivere; bisogna accorgersi che si sta recitando il più tardi possibile, altrimenti si passano le (vere) giornate a chiedersi "perché?".
E credo che siano giorni di estrema disperazione.
C'è chi sa queste cose, e vive da solo, magari per poco. C'è invece chi queste cose non le sa e se la gode la vita ignaro. Beata l'incoscienza... Questa è la gente. Quello che non si rendono conto che la vita è un teatro, e lo fanno sul serio, intendo VIVERE LA VITA.E sfiorano la "pazzia del vocabolario".
Lo vedete quest'albero? Siamo tutti d'accordo? Come no.. Ma non lo vedete, ecco. Ma come? Dite che non è un albero?
Ma dai... i rami... ma forse... avete ragione... non lo è, l'albero è diverso... e queste strade? Tutto quello che avevano di familiare, puf... scomparso. Come è strana la coreografia del mondo! (a proposito, siete tutti d'accordo  che la terra sia piatta? No, sai, per sapere, in fondo a noi che ce ne viene se è rotonda? Tanto non possiamo scappare... Ah! Scappare!). Ma così strana da rimanere spaventati? Diciamo spaventati dalle maschere della gente? Pazzi.
Voi non pensate mai ad andarvene? Meglio ancora sarebbe morire. Ma la morte è diventata banale. Si fa più scena rimanendo 10 mesi in coma...
Provate a pensare a chi, in seguito ad un incidente, diventa pazzo (pazzo, vedi dizionario, voglio dire). Facciamo anche finta che "Chi" crede di essere un personaggio storico. Ci siamo?
Annuirono.
Bene, passano gli anni e Chi è sempre pazzo. La sorella intanto gli ha riprodotto intorno l'ambiente del personaggio storico, Enrico IV, appunto. Passano 20 anni, e si pensa ancora che sia pazzo.
Più avanti si scoprirà che lui è guarito (dopo 8 anni passati realmente da pazzo), ma che preferisce rimanere come sempre piuttosto che presentarsi al banchetto in ritardo (paura di un mondo di pazzi... meglio vivere per sempre da soli e sicuri, nella propria casa, piuttosto che...). Lui sa di fare il pazzo, ma continua a farlo "per gioco", c'è chi invece lo fa per davvero. Nella storia c'è appunto la Merchesa che viene accusata di questo. E il dottore sfiora la pazzia. Sì scusate, c'era anche il dottore, portato dal nipote di Enrico IV per cercare di "guarirlo".
Come libro è carino. Pirandello ha questa grande capacità di farci sentire accanto ai suoi personaggi... -

Jo, di fronte alla porta, bussò sul vetro, c'era una luce gialla che si poteva vedere bene attraverso le tende.